Ci si abitua al dolore?

La resilienza l’ho messa in campo molte volte nella mia vita, ma mai per un evento che non mi riguardava direttamente, nel senso di me. Certo, la scomparsa di mio fratello, perchè di questo si tratta, scomparsa (penso che sia un termine terribilmente perfetto), ha sconvolto il mio quotidiano rendendo le giornate maledettamente faticose, ma è un evento riflesso, non diretto. Per questo fatico, perchè non si tratta solo di abituarsi ad un dolore, ad una mancanza, ma si tratta di abituarsi ad una idea. Poi, emotivo come sono, ogni sciocchezza è in grado di scatenare il dolore in un attimo, e dopo un attimo lasciarmi attonito, le guance umide, confuso e disperso.

Oggi mio figlio maggiore è andato presso la ditta dove lavorava lo zio, per restituire la tessera della mensa e svuotare l’armadietto. Ha portato a casa due sacchi di roba. In uno c’erano più che altro accessori igenici (saponette, dentifrici, rasoi) e tra queste cose il suo libretto di lavoro (forse adesso neanche esiste più). Averlo tra le mani è stato uno di quegli attimi che sono in grado di travolgermi. Poi, quando passa, fatico a darmene una spiegazione, e questo mi rende l’evento ancora più difficile da razionalizzare. Trovo difficile uscire da questa spirale. Probabilemente in tanti ci sono già passati. Io stesso per qualche evento di portata minore (anche se è un pesare un evento in maniera assolutamente personale), ma non ricordavo un dolore così sottile, così subdolo.

Dovrò riuscire a metabolizzare tutto. Dovrò riuscire a capire che d’ora in poi vivrò un mondo ed un tempo che non comprende mio fratello. Una nuova vita in cui lui è inesistente come entità senziente, ma terribilmente esistente dentro e fuori di me.

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